
Io penso che dobbiamo essere orgogliosi delle nostre origini (nel mio caso venete) e che queste non debbano essere motivo di chiusura o divisione: solo aprendoci possiamo imparare dagli altri ed essere fieri di quello che siamo, anche in cucina.
E’ per questo che mi appassiona scoprire o riscoprire piatti tipici regionali, partendo da quelli che mi cucinava mia nonna: hanno tutti una storia, vera o leggendaria, che mi affascina e che racconto alle mie bambine, per gettare un ponte con il futuro e uno con il passato.
Da vicentina, non potevo non cimentarmi con il “bacalà”, pietanza per la quale siamo famosi in tutto il mondo, al pari del grande Palladio…
Così ho avuto uno stoccafisso che mi ha fatto “compagnia” in cucina per quattro giorni: gli ho cambiato l’acqua spesso, ogni 4 ore dice la regola, l’ho affettato e infarinato con cura e poi l’ho fatto cuocere piano piano, quasi sommessamente per 5 ore, dedicandogli l’olio di oliva migliore che potessi avere, il latte fresco e tanta pazienza.
Tutto questo tempo ci vuole?? É anacronismo puro per la nostra vita moderna, tutta di corsa, fast food, take away, insalata da sbattere e pollo in saccoccio… Ma proprio qui sta il bello! La soddisfazione alla fine è impagabile.
E nel frattempo ho avuto il tempo di scoprire e raccontare la storia del nostro bacalà ad Anna e Vittoria.

Tutto parte dal Capitano Piero Querini, mercante veneziano che nel 1431 naufragò in Atlantico e fu soccorso dopo varie peripezie dalla popolazione di Røst, un’isola sperduta della Norvegia. Gli abitanti gli fecero dono di 60 stoccafissi (merluzzi salati ed essiccati all’aria per mesi) che lui portò con sè in patria, nella Serenissima Repubblica di Venezia. Illuminati gastronomi vicentini si inventarono la ricetta del bacalà, come alternativa al costoso e facilmente deperibile pesce fresco.

Oggi l’identità del bacalà alla vicentina é difesa e promossa dalla Venerabile Confraternita del Bacalà alla Vicentina, che organizza eventi veramente interessanti.
La ricetta di base è unica ma ovviamente in ogni casa o trattoria troverete delle piccole varianti. Noi vi proponiamo una ricetta con più latte e meno olio, che piace tanto anche alle bimbe.

Ingredienti per 8 persone
– 600/700 g di stoccafisso secco (meglio se qualità “ragno”)
– 1 cipolla bianca
– 5/6 alici sott’olio
– 1 mazzetto di prezzemolo
– 25 g di parmigiano grattugiato
– 200 ml di olio extra vergine di oliva
– 1 litro e mezzo di latte
– farina q.b.
– sale e pepe
Lo stoccafisso deve essere ammollato in acqua fredda per circa 3 giorni: è importante cambiare l’acqua spesso (ogni 4 ore) o, come fanno alcuni, si può far scorrere un filo di acqua. Per ragioni di spazio io ho tagliato a metà lo stoccafisso… e ho capito perchè da noi si usa dire “duro come un bacalà”!!!
Quando siete pronti per la cottura eliminate la pelle e le lische dal pesce.

Nel frattempo mettete a soffriggere la cipolla affettata finemente (o tritata, a seconda dei gusti) con mezzo bicchiere di olio evo.
Quando è appassita aggiungete le alici spezzettate, mescolate un attimo, quindi spegnete il fuoco e aggiungete il prezzemolo tritato.

Tagliate a pezzi il bacalà (lo chiamo così per rispettare la tradizione, anche se in realtà il baccalà è il merluzzo conservato sotto sale, non quello essiccato all’aria), passatelo nel soffritto e quindi infarinatelo leggermente.
Bagnate il fondo di una pentola adatta alle cotture prolungate (tradizione vorrebbe pentola di terracotta) con un po’ di soffritto quindi disponete le fette infarinate una accanto all’altra. Riempite tutti gli spazi con i pezzi piu piccoli di pesce.

Cospargete con il soffritto avanzato, l’olio rimasto, qualche pizzico di sale, il parmigiano e un paio di spolverate di pepe.
Versate il latte fino a ricoprire tutto il bacalà, che ora è pronto per essere cotto a fuoco dolcissimo per 4/5 ore o anche più, a seconda dell’esemplare e della grandezza.

Usate una piastra spargifiamma e mescolate solo ruotando la pentola: il bacalà non deve essere rimestato!
Dopo averlo cotto potete lasciarlo riposare anche una notte, diventa ancora più buono.
Si accompagna perfettamente alla polenta, meglio se appena fatta… se volete farla con i miei suggerimenti li trovate qui.
